mercoledì 24 aprile 2013

Un D&D a mo(N)do mio – Parte 1

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Arriva il momento nella vita di un master (e credetemi, ho masterizzato per diciassette anni) in cui si cerca qualche sfida in più, in cui le ambientazioni classiche ormai hanno stufato (sì, Forgotten Realms, sto parlando con te) e si sente la voglia di creare qualcosa di diverso.
Chiamatela crisi di mezz’età, ma a un tratto ho sentito il bisogno di staccare dal classico e buttarmi in qualcosa di pazzo, e da questa pulsione è nata la mia campagna: Bihar (il nome cercatelo su Google translate, ma non vi dico la lingua).
Oggi ho intenzione di offrirvi qualche spunto che ho sfruttato per la mia ambientazione, così che vi facciate un'idea del suo feeling generale e, perché no, possiate darmi qualche idea nei commenti. O insultarmi, vedete voi.

Tanto per iniziare, gli dèi sono tutti morti stecchiti. Oh sì, lo so già che alcuni di voi chiederanno: e i chierici? Be', signori, esistono comunque, semplicemente seguono delle scuole di filosofia piuttosto che un'entità sovrannaturale; nel tempo si è scoperto che il potere di un sacerdote non deriva dagli dèi ma dalla sua fede nei princìpi in cui crede (cosa già permessa dalle regole, ma poche volte usata), tanto da venir chiamati teosofi più che chierici..
Ecco qua una breve spiegazione tratta dal mio personale e segretissimo documento:

Quando gli dèi morirono, i più colpiti da questo furono di sicuro i chierici. Il legame spezzato con la propria divinità portò alcuni a perdere i propri poteri, altri a impazzire, molti a morire e, i più sfortunati, furono tramutati in bestialità non morte, creature senza vita che vagavano per la terra alla ricerca di qualcosa che riempisse il vuoto nelle loro anime. 
Per i sacerdoti usciti indenni dal trauma, la situazione non era comunque delle migliori; avevano perso la propria ragione di vita e tutto ciò in cui credevano era stato cancellato da un momento all'altro. 
Ben pochi chierici mantennero le vesti sacerdotali e molti abbandonarono i loro templi e i loro monasteri per sfuggire ai dubbi che li attanagliavano. Senza la capacità di compiere miracoli, poi, persero la loro credibilità come guide spirituali di fronte alla popolazione, tanto che non furono pochi i sacerdoti uccisi dalle stesse folle che fino al giorno prima li pregavano per ottenere un po' della loro attenzione.
Furono i culti misterici a salvare la fede, unica entità davvero immortale. 
Mentre le chiese ufficiali si dedicavano direttamente alla divinità, i culti misterici vedevano in essa solo il tramite per un ideale e la morte degli dèi cambiò solo lievemente la loro visione: anche se un dio era morto, questo non significava che la terra non continuasse a dare frutti o che il sole non sorgesse più.
La fede nelle idee, che un tempo era una pratica poco accettata, uscì dal suo nucleo di segretezza e ben presto cominciò ad allargarsi nella popolazione normale, complice anche il fatto che i suoi credenti erano gli unici ancora in grado di compiere miracoli. Ben presto i culti misterici uscirono dall'ombra e iniziarono a insediarsi nei templi abbandonati, raccogliendo intorno a sé centinaia di fedeli.
Nuove fedi e nuove filosofie di vita completamente distaccate dalle vecchie tradizioni apparvero nelle strade e, nonostante fossero inequivocabilmente espressione umana, i praticanti più convinti riuscivano in qualche modo ad attingere all'energia divina. 
Nell'anno 598, sotto la spinta di diversi sacerdoti e filosofi che erano diventati nel tempo figure di riferimento nelle comunità, si tenne il Primo Concilio Ecumenico. I rappresentati di tutte le fedi si riunirono per discutere quale strada dovesse prendere il nuovo mondo, un mondo dove non ci sarebbe più stato il predominio di poche potenti chiese ma un dialogo tra diversi modi di vedere la realtà. 
La sede del Concilio era la città di Eridanis, che in pochi anni divenne il simbolo di quel progetto, una casa così sicura per ogni setta da diventare nota come "La città delle Mille Fedi". 
Il Concilio produsse un lungo trattato, il De Mysteri et Fedis e in uno dei suoi capitoli furono stilate delle regole per essere riconosciuti dal Concilio stesso come fede; tra queste, venne deciso che i "Nuovi Credenti" avrebbero dovuto abbandonare i titoli delle vecchie e inaffidabili fedi: i cosiddetti chierici d'ora in avanti si sarebbero chiamati Teosofi, i "sapienti del divino". 


Ma la morte di un interno pantheon che conseguenze potrebbe avere? Eh, qua la faccenda si fa più complicata, ma in linea di massima si può dire che un mondo dove gli dèi sono "tangibili" e reali non può che crollare nel caos alla loro dipartita. Pensate un attimo a quello che accade in un mondo dove a un tratto i chierici non hanno più poteri: le malattie andrebbero fuori controllo, la società stessa perderebbe uno dei suoi nuclei di aggregazione e uno dei punti di riferimento sulle questioni etiche.
Per fare un esempio, i nani, storicamente legali e legati alla tradizione, vedono tutte le loro certezze crollare e la loro cultura, estremamente rigida e granitica (sic), invece di piegarsi, si spezza sotto il peso del cambiamento. La loro società si riduce a una serie di bande caotiche prive di qualsiasi regola e dedite solo al caos (non quello di Warhammer, più "neutrale").
Ok, nel mio manuale la storia è un po’ più approfondita, ma se vi sto a spiegare tutto per filo e per segno non ne usciamo più.
...
Va bene, vi metto un piccolo riassunto, non fatemi la faccia triste!


La razza di superficie, o quasi, che venne più colpita dalla morte degli dèi fu di certo quella nanica; una civiltà così basata sul passato e la tradizione si rese conto all'improvviso che anche ciò che era considerato eterno e immutabile poteva morire, con effetti devastanti sulla loro psiche. 
Dopo la caduta delle divinità, apparve nelle città sotterranee una strana figura, un nano avvolto di stracci che viaggiava di comunità in comunità sfidando i chierici più potenti a compiere miracoli e che teorizzava, quando questi fallivano, la fine del "Vecchio Ordine" e la nascita della terra "della libertà". Di questo nano vi sono poche informazioni affidabili, nessuno sembra ricordarsi il suo volto, il tono della sua voce o il colore della barba, ma tutte le versioni sono concordanti su due punti: la sua voce aveva un grande magnetismo e i suoi piedi non toccavano mai terra. Nel giro di pochi anni, centinaia di ribellioni colpirono l'impero nanico che collassò sotto i colpi della sua stessa gente: i nobili vennero cacciati, privati del loro titolo o uccisi, le statue distrutte, le antiche tavole della legge deturpate. Sembrava che il piccolo popolo fosse in preda a una vera e propria ondata di follia collettiva, una rabbia incontrollabile che non permetteva mitigazioni da parte della ragione. 
Quando gli anni della follia terminarono, di quello che era stato un grande impero non rimaneva più niente. I nani erano diventati un popolo senza più fede nelle tradizioni o in qualsiasi forma di struttura sociale; fu così che essi iniziarono a viaggiare e abbandonarono il concetto di clan per quello più anarchico di kroso, ovvero un'insieme di individui, non necessariamente legati dal sangue, che condividono temporaneamente un periodo della loro vita in una condizione di totale libertà, dove nessuno è tenuto a obbedire a un altro in base a discriminanti quali l'età o lo status sociale. I nani non hanno più un'etica unitaria, non credono più che la tradizione sia il centro della civiltà e preferiscono aggregarsi temporaneamente a un'idea per poi abbandonarla quando non fa più loro comodo.  Ciò vale similmente nei rapporti interpersonali: un nano potrà essere un ottimo compagno di bevute per la sera, ma non ci si potrà aspettare che non ti tradisca prima che sorga il sole. 
Ciò non vuol dire che tutti i nani siano dei tagliagole o dei ladri e può anche capitare che un nano sia un alleato affidabile e un amico sincero; semplicemente saranno loro a dettare diritti e doveri del rapporto. L'unico aspetto che i nani moderni hanno in comune con i loro antenati è la passione per i piaceri della vita, portata nel loro caso all'eccesso: alcool, droghe, sesso e cibo a volontà sono tra le poche cose che rimangono fisse nella vita di un nano, oltre ad uno smisurato bisogno di accumulare ricchezze, magari per poi dilapidarle in una notte. I nani hanno un grande senso della proprietà privata, purché sia la loro, ovviamente.

Ecco qua, per oggi basta così, credo.
Vi ho descritto un paio di idee, malamente abbozzate e ancora soggette a revisione. Mi viene comunque da chiedere a voi tutti: che ne pensate? E voi come fareste un D&D a modo vostro?

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4 Response to Un D&D a mo(N)do mio – Parte 1

Nicola Santagostino
9 maggio 2013 alle ore 13:40

Ciao Francesco, sono Seint83, l'ideatore della campagna, scusa se non ti ho risposto ma non mi appariva il commento.. Per lo steampunk non ti preoccupare perchè è stato pensato un posto anche per quello ;), infatti c'è un'intera regione (o impero) che è basata sulla necromanzia e sul vapore: l'impero di Vasar. Continua a seguirci e vedrai che prima o poi apaprirà anche quello ;)

Nicola Santagostino
9 maggio 2013 alle ore 19:49

Son contento che ti piacca il nostro progetto e son contento che ti piaccia la campagna. Ti posso anche anticipare che l'ambientazione non si limita solo ad un continente, ma ce ne sono altri due: uno in stile orientale ed uno in stile africano.

Francesco Mele
10 maggio 2013 alle ore 21:40

Africa promette bene.
http://www.youtube.com/watch?v=8zLx_JtcQVI

Nicola Santagostino
11 maggio 2013 alle ore 13:28

Aspetta e vedrai! Diciamo che almeno un posto per gli gnoll c'è (cioè uomini hyena in un continente europeo?)

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