venerdì 1 marzo 2013

Master e narrazione - Quando la migliore storia è quella non raccontata

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Esistono molti tipi di master, più di quanti ne possano essere enumerati, e molte sono le filosofie che li muovono quando si tratta del lavoro dietro lo schermo. Probabilmente se ne ficchi tre in una stanza, ti troverai sei opinioni diverse sullo stesso argomento.
Ciò che li unisce tutti, però, è l'obiettivo ultimo del loro lavoro: la costruzione di una campagna che sfoggi una narrazione solida, soddisfacente e profonda. Detto poco. Purtroppo non basta avere penna e fantasia per riuscire nell'intento, ché raccontare una storia in cui i protagonisti non sono mossi da chi gestisce il dipanarsi degli eventi è affare piuttosto complesso.

Come fare a raccontare una storia in un medium interattivo? Colpo di scena: probabilmente non raccontandola davvero. Già, il master non deve scrivere alcuna storia, perlomeno non in senso stretto.
E qui già vi vedo balzare in piedi, urlare improperi e lanciare scarpe, suppellettili e asce bipenni in direzione del mio cranio, ma, vi prego, lasciatemi spiegare questa provocazione.
La trama in un medium classico è in genere una serie lineare di eventi, spesso in ordine cronologico, che tenta di costruire una storia con un inizio e una fine, passando dal classico Spannung, cioè il suo punto cruciale. Esistono tantissimi esempi che sconfessano questa definizione sommaria e raffazzonata, ma non credo di offendere nessuno se affermo che nelle storie scritte o girate su pellicola il punto focale per l'autore sono i personaggi che fanno e pensano cose.
Pur seguendo il principio di causalità, ciò che circonda questi fatti e pensieri è influente e merita di essere narrato soltanto se li contestualizza o arricchisce, altrimenti sono rumori di fondo, divagazioni che rischiano di scollare la trama o sottotrama in esame.


Entriamo nella mente di uno scrittore hard boiled, per esempio. Magari uno scarso che ama i cliché, così evitiamo paragoni spiacevoli con gente seria.
Lo scrittore ci dice che è un martedì notte, freddo come l'indifferenza urbana, annegato da una pioggia autunnale incessante. Inserisce il suo protagonista, l'investigatore Fatty Bomb Gunner, di fronte a un teatro di Broadway, le cui luci spente ricordano gli occhi senza vita della donna distesa ai suoi piedi. A quanto pare era una cliente di Fatty. Probabilmente fra i due c'era del tenero, o almeno era quello che lui voleva credere. L'autore ci dice che è stata colpita da due proiettili all'altezza del petto. La donna stringe nella mano irrigidita dal rigor mortis una confezione di fiammiferi. Fatty ne riconosce la stampa sul retro: un profilo dorato di donna, simbolo del locale Roxy Blue.
E poi? Fatty probabilmente andrà al Roxy Blue, ma poco altro ci interessa sapere della scena appena descritta. Ci si può soffermare sui particolari per creare l'atmosfera, ma ogni aggiunta, se eccessiva, potrebbe far passare in secondo piano l'obiettivo dell'investigatore, cioè quello di morire da solo mentre tenta di portarsi a letto donne che lo tradiscono o si fanno ammazzare.


In un gioco di ruolo, invece? Se, come è ovvio, i personaggi fanno e pensano cose al di fuori del controllo del narratore, su cosa si devono focalizzare gli sforzi di quest'ultimo? Sembra strano, ma proprio sulle divagazioni, sui rumori di fondo. Dai personaggi, deve concentrare la sua attenzione sul mondo; la storia, in senso assoluto, non è più affar suo.
Informazioni e concause che sembravano dannose al fluire della storia in una struttura narrativa non interattiva, diventano assolutamente di primaria importanza in un contesto in cui i protagonisti sono imprevedibili e umorali. In un gioco di ruolo, il master deve andare fuori tema, svariare, preparare una tavolozza di colori ricca e sfaccettata che permetta ai giocatori di uscire dal tracciato, provare contesti estranei alla storia canonica.
Per questo V.D., nel suo fantastico pezzo sul Progetto Phoenix, ha insistito sull'importanza di un'ambientazione estesa e particolareggiata; più sai cose del tuo universo di gioco, più è facile lasciare ai partecipanti la libertà di interpretare una campagna come più li aggrada, costruendosi la storia che vogliono e non quella che viene loro imposta.


Torniamo alla notte piovosa autunnale, questa volta dal punto di vista di un master. Possiamo sistemare il cadavere della donna sul marciapiede, certo. Metterle in mano i fiammiferi, sicuramente. Ma poi non hai il tuo Fatty, ma quattro o cinque persone le cui reazioni sono sempre imprevedibili.

Potrebbero adocchiare il cadavere, fare spallucce, chiamare la polizia e prendere il primo taxi per un bar che non ha niente a che vedere con il Roxy Blue. O potrebbero pensare che il nodo del caso sia in quel teatro chiuso. E allora il master deve sapere qual è lo spettacolo di punta. Chi sono i proprietari e magari quali contatti abbiano con la malavita. Qual è il rapporto della donna morta con il teatro. Se ci sono documenti o prove di qualche interesse, anche e soprattutto non collegati al caso, nell'ufficio del direttore. Se il bar è fornito di alcolici o la città è sotto leggi proibizionistiche. E i vicini? C'è qualcuno che può aver visto? Quando vengono fatte le pulizie della strada? E la spazzatura da chi viene ritirata e a che ora? Vi è un luogo di ritrovo dei senzatetto nei pressi?



Insomma, il master deve creare luoghi che incentivino l'esplorazione e l'immedesimazione dei giocatori, ma devono essere loro a creare la storia, senza che il primo abbia la presunzione di decidere cosa sia davvero importante per i suoi protagonisti, ficcando loro in gola la classica struttura A-B-C-D, quando magari sarebbe più interessante vedere cosa succede con uno spontaneo e libero A-Z-V-T-R-B.

Create una scatola di gioco coerente, coesa e intrigante e il resto verrà da sé, con buona pace di Fatty.

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7 Response to Master e narrazione - Quando la migliore storia è quella non raccontata

Alessio
1 marzo 2013 alle ore 16:25

Nice. Complimenti, bene o male, la maggior parte le seguo D: E' dura la vita da master, ma un cervello spazioso di fantasia è anche l'arma migliore a mio avviso. Intuizione. Può essere fondamentale quando inizi a conoscere i tuo player.

Faust
2 marzo 2013 alle ore 17:30

SI peccato che questo oltre ad essere il metodo più divertente sia anche quello più laborioso da concepire... ottimo lavoro comunque sono d'accordo con te su tutta la linea

Beppe
23 aprile 2013 alle ore 16:28

Poi c'è ancora un altro passo. Un livello superiore, al limite del divino. Quando è il master, eccezionale, a portarti su una strada senza che tu te ne accorga e, ancora meglio, quando hai la sensazione di aver fatto scelte tue, ma non è così.

Esempio. Fare incontrare ad un pg se stesso proveniente dal futuro senza saperlo e farglielo capire molte sessioni dopo, portando un altro giocatore a suggerire un processo che avrebbe assottigliato la differenze fra le due facce della stesso personaggio, rimanendo come master assolutamente in silenzio e lasciando fare tutto ai partecipanti, è una sensazione meravigliosa. Soprattutto quando i giocatori non riescono a capire come abbia fatto tale master a far coincidere tutto ed a prevedere come sarebbero andate le cose.

E' come gli scacchi. Un mossa porta perfettamente a quella dopo, inevitabilmente. Non esiste più la struttura di trama, le tappe prestabilite. Esiste un gioco che diventa reale, talmente reale che alcuni eventi non possono non avvenire poichè i giocatori si muovono, incidono e trasformano qualcosa di vero, che esiste, che rapporta causa ed effetto in modo inevitabile.

Quando si arriva a questo, il gioco è magia.

Lokeebot
23 aprile 2013 alle ore 18:06

Be' quando succede in effetti è una sensazione meravigliosa.
Non credo sia un livello superiore perché parte semplicemente da un approccio diverso, più "autoriale", ma sicuramente è un processo tanto difficile quanto appagante da mettere in moto.
Grazie per la tua impressione, comunque, mi ha ricordato perché meriti spendere tanto tempo a costruire campagne per i nostri giocatori.

Crus
30 aprile 2013 alle ore 19:00

Ah, purtroppo non ho tutta l'esperienza a D&D che vorrei, e i pochi DM che ho avuto erano piuttosto rigidi riguardo alla storia da seguire.. oltre a non esser stato un buon DM io per il motivo contrario ^^' .
Ma certe tue parole mi hanno ricordato i tempi in cui il cazzeggio con Halo era un must, tanto che vedendo MC non posso che ripensare alla cara vecia Fucina, e al motivo per cui CERTI videogame sono mitici, che nonostante la trama lascino la dovuta "libertà", e che di trame ne avrebbero da insegnare a chiunque (e qui non parlo di Halo, o non solo)

Lokeebot
30 aprile 2013 alle ore 19:02

Sono d'accordo; è importante lasciare ai giocatori la libertà di fare ciò che vogliono. Crea una sovrastruttura anche rigidissima e severa, offri strumenti solidi e poi divertiti a guardare gli altri impazzirci sopra.

Crus
30 aprile 2013 alle ore 19:14

o anche come quando costruisci un graaaaan castello di sabbia, o una costruzione fighissima di LEGO, poi arriva lo stronzo, o tu stesso fai lo stronzo, e la distruggi completamente XD
ognuno la prende a modo proprio, io ci godo la maggior parte delle volte xP

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