giovedì 10 gennaio 2013

Manifesto semiserio dell'integralismo videoludico

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Mentre aspettavo che quella zozza di Musa mi desse un suggerimento per oggi, mi sono imbattuto in un pezzo che avevo scritto parecchi anni fa, in un momento di assoluto integralismo per quanto concerne i videogiochi.
Sì, insomma, ero uno stronzetto fissato con gli arcade, con la filosofia della giocabilità davanti a tutto e la malsana presunzione di essere uno che ci sapeva le cose, mica come voi che ci compravate le schifezze sulla Playstation 2, maledetti ungulati del divertimento elettronico.
Passato più di un lustro, il mio punto di vista si è molto ammorbidito, ma voglio comunque riportarvi il manifesto che avevo vergato su carta da culo a suo tempo, tendenzialmente per due motivi.
Il primo è per creare un minimo di discussione con voi, ché ho voglia di parlarvi direttamente e sentire la vostra opinione su un argomento che tocca un po' tutti quelli che hanno tenuto in mano un pad (sì, è inutile che fate finta di non passare da qua; Google Analytics non mente).
Il secondo motivo è per ricordare a me stesso come l'evoluzione di un medium ancora giovane e liquido come i viggì non sia di facile previsione e che, ogni tanto, è bene prendere un bel respiro prima di scrivere cazzate.
Ce ne sarebbe anche un terzo, tipo il fatto che la nuova puntata sui giocatori schiappa che ho scritto non mi soddisfa, ma facciamo finta di niente, ok? Ok.


MANIFESTO SEMISERIO DELL'INTEGRALISMO VIDEOLUDICO

Punto primo: il videogioco si chiama così e non, per esempio, Gino per la sua doppia natura: la sua componente ludica (parte attiva) viene visualizzata su uno schermo (parte passiva sincronica o semisincronica). Il bilanciamento fra le due parti deve essere concettualmente perfetto.La preponderante presenza di uno di questi aspetti sull'altro trasforma il prodotto in qualcosa che non è un videogioco. Se trovate un prodotto del genere sugli scaffali dei videogames a sessanta euro, non fidatevi. Si tratterà o di un gioco di carte collezionabili o di un film nipponico di pessima qualità. 
Punto secondo: il videogioco deve divertire. Non far riflettere, non concedere massime, non caricare l'onere di spiegare cosa sia la vita su uno scrittore o un regista fallito.Divertimento puro, non annacquato da valutazioni intellettualistiche raffazzonate.Se non diverte, il videogioco è solo una serie di immagini lampeggianti casuali.
Punto terzoil videogioco, in quanto gioco, deve far divertire attraverso la componente attiva-partecipativa. Qualsiasi valutazione qualitativa che non concerna il divertimento provocato o è marginale o, più probabilmente, una gran cazzata.
Punto quarto: posto come accertato il punto terzo, la profondità di un titolo è direttamente proporzionale alla sua capacità di divertire per un lasso di tempo prolungato, appagando anche il giocatore che abbia già assorbito ogni meccanica principale.Associare al videogioco la parola "profondità" per soli meriti narrativi, estetici o simbolici significa sfruttare metri di giudizio e apparati critici di altri media. Generalmente a casaccio.
Punto quinto: il videogioco non è arte. 
Punto sesto: anche se ci fossero videogiochi astrattamente considerabili arte, la critica non sarebbe capace di spiegare il perché, mancando un apparato formale di valutazione. 
Punto settimo: anche se esistesse astrattamente un apparato formale di valutazione e ci fossero videogiochi considerabili arte, come per altre forme espressive "basse", l'utente medio se ne sbatterebbe il cazzo. 
Punto ottavo: l'utente medio deve sbattersene il cazzo, egli dovrebbe comprare un videogioco per il solo scopo di soddisfare i primi quattro punti. 
Punto nono: il videogioco è una perdita di tempo. Cara. Alienante. Autoreferenziale. Diventa importante e una fonte di guadagno per pochi, pochissimi. E quelle persone sono dannate a considerare un hobby puramente superficiale qualcosa di terribilmente serio. 
Punto decimo: se sottraendo il tempo che parlate di videogiochi al tempo che giocate davvero. il risultato è un numero negativo, c'è qualcosa di terribilmente sbagliato nel vostro approccio al medium.


Sono completamente in disaccordo con il me stesso di anni fa? No, sono cresciuto, ma rimango comunque uno snob insopportabile. Condivido ancora ben sei di questi punti. Quali? Ditemelo voi.
Insomma, commentate e ditemi la vostra. Qui sotto o, se preferite, sulla nostra pagina Facebook.

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